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Immagine del redattoreNicolò Oppicelli

Porcini | Boletus aereus, il bronzino

Aggiornamento: 22 mag 2021

Bronzino o “porcino nero”: così viene chiamato da tutti il Boletus aereus, un bellissimo fungo che nasce in simbiosi esclusivamente con le latifoglie anche se spesso si trova pure vicino al ginepro. Suo ambiente d’elezione sono i querceti, con prevalenza di farnie, di cerri, di roverelle, di querce da sughero. Ma questo fungo vive in simbiosi anche con il castagno, il carpino e fra i cespugli di cisto. Il Boletus aereus è una specie definita “termofila”, ovvero che ama i climi temperati, e per questo motivo lo si può rinvenire raramente nei boschi alpini, a eccezione di qualche castagneto o bosco misto di roverella e carpino situati in microclimi particolari: occasionalmente è stato osservato anche in boschi di faggi sull’appennino toscano e ligure, anche se qualche esemplare frammisto di cerro, nella foresta, ne minava la purezza.


Boletus aereus, esemplari in bosco misto di lecci, roverelle e sughera. Foto © Nicolò Oppicelli


La possibilità di trovarlo aumenta progressivamente scendendo verso il sud, dove in certe annate tappezza letteralmente i querceti. Accade con più frequenza sul litorale tirrenico, in Toscana, Umbria, Calabria, Sicilia e Sardegna. Si tratta quindi di un fungo piuttosto riservato che, di solito, si mimetizza senza farsi notare nel chiaroscuro del bosco, magari proprio in quell’angolino fra il ginepro e la quercia. E spesso, per renderci ancor più difficile il compito di scovarlo, lascia intravedere solo una piccola parte del cappello, tenendo il resto ben nascosto sotto le foglie. Forse è proprio perché ama così tanto “giocare a nascondino” che è uno dei funghi più ricercati dagli appassionati.

Boletus aereus, scatti nei suoi ambienti di crescita. Foto © Nicolò Oppicelli


Il micologo francese Pierre Bulliard lo descrisse nel 1789, scegliendo come epiteto per la specie l’aggettivo latino “aes”, “aereus”, ovvero bronzeo, fatto di bronzo, in riferimento alle colorazioni del suo cappello. Collezioni provenienti dal marocco, ritrovate in boschi di quercia da sughero (Quercus suber) che sono stati inizialmente considerati Boletus aereus, vennero successivamente descritti dallo studioso Redeuilh come una specie separata, con il nome di Boletus mamorensis, nel 1978, basandosi sulle colorazoni più rossastro-nocciola del cappello e sul gambo, tipicamente radicato e spesso appuntito alla base. Nel 2010, gli studi filogenetici su queste raccolte suggerirono che il “boleto del marocco” non foss’altro che una variante ecologica, piuttosto che una specie distinta, del porcino nero o Boletus aereus. Attualmente sono in corso numerosi studi in materia di biologia molecolare, per approfondire al meglio queste differenze morfologiche. In Italia è conosciuto con il nome volgare di “bronzino”, “nero”, “porcino nero”; in Francia viene chiamato Bolet bronzé o Tête-de-nègre; in Spagna è conosciuto come “hongo negro”, o “Onddobeltz” nei Paesi Baschi; per gli anglofoni è il “dark cep”, o “bronze bolete”; in Grecia è conosciuto come vasilikό o kalogeraki, in Repubblica Ceca come Hřib bronzový ed in Germania, dove è specie assai infrequente, con il “poetico” e facile da pronunciare… Nome di Bronze-Röhrling o Schwarzhütige Steinpilz.

Come è fatto

Il suo nome scientifico, come detto, deriva dal latino “aes”, che significa letteralmente bronzo scuro; ed è riferito al colore del suo cappello. Questo può misurare fino a 20 centimetri… Ed oltre, di diametro! Si presenta emisferico e dalla superficie opaca quando il fungo è giovane, con il tempo diventa sempre più appianato e liscio (glabro). Nella forma tipica ha toni molto cupi, dal marrone scuro fino al nerognolo. Lo sfregamento contro ostacoli naturali come radici ed erba durante la crescita fa sì che si formino spesso chiazze bronzee o perfino di colore aranciato. La superficie imeniale di questa specie resta bianca più a lungo rispetto agli altri porcini, per molto più tempo di quanto non accada, per esempio, al Boletus reticulatus. I pori, bianchi, sono arrotondati e molto fini. Il gambo è inizialmente globoso e mai tanto lungo, presto diventa piuttosto scuro e assume tonalità di ocra più o meno carico. Normalmente il reticolo è poco esteso e non visibilissimo. La carne, solitamente spessa, bianca come la neve e immutabile, cioè non cambia colore al tocco o al taglio. Da fresco il fungo ha aromi accentuati ma poco persistenti. Il profumo che emana è molto più pronunciato dopo essere stato essiccato. Visto che già ha la tendenza a mimetizzarsi, è sempre meglio sapere con una certa sicurezza dove andare a cercarlo. Il suo ambiente ideale per fruttificare è il bosco caldo di latifoglie, soprattutto quello popolato da varie specie di quercia come rovere, cerro, farnia, roverella, leccio. Ma il suo habitat non finisce qui, perché il Boletus aereus ama anche i boschi di castagno, frammisti a noccioli ed a carpino nero, albero che, talvolta, sembra addirittura essere uno dei suoi compagni preferiti. Tutt’altro che saltuaria, poi, la sua presenza vicino ad arbusti come ginepro ed erica. Proprio come l’Amanita caesarea, o ovolo buono, lo possiamo considerare un fungo mediterraneo a tutti gli effetti. Nel Nord della Penisola i luoghi dove cresce sono piuttosto rari e diventano sempre più frequenti a mano a mano che ci spostiamo verso sud, dove spesso è considerato il porcino per eccellenza. E se lo merita davvero perché, oltre che bello, è anche buonissimo. Per fortuna, il nostro Boletus aereus ha caratteristiche così spiccatamente “porcine” che problemi di confusione con altri boleti quasi non ce ne sono. Semmai potremmo confonderlo con un altro dei fantastici quattro, ma solo se siamo davvero alle prime armi. In particolare, questo fungo si riconosce dalla colorazione del cappello che è molto più scura di quella degli altri porcini. Spesso, questi toni “cupi” non interessano tutta la superficie del cappello ma sono interrotti da macchie, anche piuttosto estese, che vanno dall’ocra al bronzeo aranciato, soprattutto in corrispondenza dei punti di sfregamento con gli ostacoli naturali che il fungo incontra crescendo. Queste “focature”, che danno all’insieme un aspetto marmorizzato ma non sono sempre presenti, sono di valido aiuto per riconoscerlo: quando ci sono possiamo star certi di aver trovato un “nero”! Un’altra peculiarità del nostro porcino nero? I pori dell’imenoforo, che si evidenziano sotto il cappello quando il fungo matura, mantengono a lungo la colorazione bianca, soprattutto in confronto al Boletus reticulatus con cui il Boletus aereus condivide spesso i posti e i periodi di crescita. Come il cappello, anche il gambo, compreso quello dei funghi molto giovani, presenta una colorazione più carica rispetto agli altri porcini e questo carattere non fa altro che accentuarsi con il tempo. Infine, anche i luoghi in cui cresce lasciano poco spazio a dubbi: se troviamo un porcino in un bosco di conifere ad alta quota, di certo non sarà un Boletus aereus che, da buona specie termofila, è un fungo che ama il calduccio, ma bensì sarà un Boletus edulis bello scuro (nella forma tipica dal colore scuro, dei mirtilli, oltre i 1.500 metri di quota). Da non dimenticare, la carne: si presenta di un colore bianco brillante come nessun altro fungo, nulla a che vedere con il bianco opaco, quasi avorio, degli altri porcini. Difficile spiegare la differenza senza vederli a confronto, ma è netta. E lo è anche di più dopo l’essiccazione: solo la carne del Boletus aereus resta perfettamente candida anche da secca. Nella forma tipica il Boletus aereus non è difficile da riconoscere ovvero, non presenta problemi di determinazione. Il cappello molto scuro, vellutato, ed il gambo ocraceo sono caratteri più che sufficienti a identificarlo. A volte, però, magari in periodi piovosi o decisamente siccitosi, le tonalità del fungo sbiadiscono, portando sommariamente la colorazione verso quella di alcune varietà di Boletus reticulatus. Da quest’ultimo, tuttavia, il nostro porcino nero si distingue per la struttura più massiccia, per le fiammature ocra ramate che si fanno spesso notare sulla cuticola che ricopre il cappello e anche perché il fungo tende ad avere una cuticola meno screpolata durante lo stadio giovanile. Inoltre, i pori del Boletus aereus tendono a scurire meno precocemente, senza virare troppo al verdognolo, rispetto a quelli di altri porcini come il Boletus reticulatus.


Ama il tepore

Il “bronzino”, come detto, è un fungo che non ha bisogno di tanta umidità. Basta una serie di temporali per farlo improvvisamente spuntare, come d’incanto, in luoghi dove fino a pochissimo tempo prima non si intravedeva nemmeno l’ombra di un fungo lignicolo.

In pianura e persino lungo il mare, in piena macchia mediterranea, già a maggio, specie lungo le sponde sabbiose dei canali di pianura fiancheggiati da secolari querce, cresce precocemente il porcino “estivo”, Boletus reticulatus e, sulla scia delle nascite di quest’ultimo -in periodi caldi- si può trovare anche il Boletus aereus. La stagione d’oro del Boletus aereus, però, va da settembre a tutto novembre: in questo periodo si verificano le più abbondanti nascite di questa specie nei boschi xerofili di latifoglie, ovvero in ambienti caldi che non soffrono lunghi periodi di siccità. Alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno conviene concentrarsi sui querceti del medio Appennino: in queste zone i boschi tipici dove fruttifica sono di querce, generalmente Quercus cerris frammisto a Q.pubescens ed Ostrya carpinifolia, ma anche quelli di castagno. In queste foreste conviene rivolgersi verso i punti più aperti, dove gli alberi sono meno fitti o, addirittura, all’esterno del bosco stesso, sia pure nelle immediate vicinanze. Spesso l’interno del bosco è occupato dai castagni mentre sul limitare allignano roverelle e carpini, magari in compagnia di ginepro ed erica. I luoghi più preferiti dal Boletus aereus sono proprio là, dove il bosco si presenta meno fitto, meno umido e meno buio, cioè dove il terreno è più friabile, ci sono più sassi ed il sole, tanto amato dal boleto “bronzeo”. In microclimi particolarmente miti, dove c’è presenza di macchia mediterranea, abbastanza frequenti nel Sud e nelle Isole ma pure lungo tutta la costa tirrenica, dalla Liguria di Levante alla Maremma, all’Umbria… Le fruttificazioni di Boletus aereus proseguono fino a novembre inoltrato, con piacevolissime eccezioni, magari in boschi di leccio e sughera, addirittura in pieno periodo natalizio. Questo sprona gli appassionati “settentrionali” della ricerca, a programmare ad dirittura qualche weekend in Sardegna, in Sicilia, all’Isola d’Elba, in Puglia od in Corsica… Proprio in autunno inoltrato, alla ricerca di qualche maestoso “nero”. Ma i cercatori del Nord della Penisola, devono per forza andare così lontano per raccogliere il Boletus aereus? Benché questo porcino sia decisamente un fungo mediterraneo, ci sono “enclavi” al nord che lo ospitano in abbondanza e non solo nella mite Riviera Ligure. Per esempio, i residui di foreste di quercia in Val Padana, i boschi caldi esposti a meridione sulle colline moreniche a sud dei grandi laghi, le valli del Parmese, del Piacentino, Sassello ed il basso Alessandrino, le valli Cebane nel Cuneese, alcune zone del Torinese e basso Vercellese, la Val Taro, i Colli Berici, i Colli Euganei e persino qualche sito a microclima mite del Trentino Alto Adige.


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