Durante la stagione invernale, i temporali generalmente arrivano insieme al fronte freddo di una perturbazione. Ma quelli più forti, improvvisi e rovinosi si sviluppano tendenzialmente in, con clima caldo ed umido; sono i cosiddetti «temporali di calore», che talvolta (con maggiore frequenza negli ultimi anni) sono associati a forti grandinate trombe d’aria; si originano da cumulonembi isolati, che sono nubi a forte sviluppo verticale che si generano in condizioni di instabilità atmosferica. Queste nuvole, viste a distanza, si presentano grossomodo come una torre dalla base piatta e relativamente non molto alta dal suolo, che si erge per alcuni chilometri, sino ad arrivare al limite della troposfera ovvero (alle medie latitudini) intorno ai 12.000 metri.
Raggiunto tale limite si espandono orizzontalmente e non più verticalmente, dando luogo ad una (o più) sommità a forma di incudine. La base del cumulonembo è scura, a volte quasi nera, con sfumature che possono andare dal verde al giallastro; è la nube tipica di temporali anche violenti e si presenta prevalentemente nelle ore più calde dei mesi estivi, in quanto la sua formazione necessita di una grande quantità di energia termica. Ma come si formano i temporali nei periodi più caldi? Durante la mattina il sole riscalda il suolo, ma il riscaldamento non è uniforme: la sabbia, l'asfalto o il cemento si riscaldano di più e più velocemente di una distesa di acqua, di un prato o di un terreno coltivato. Per esempio, tutti sappiamo che la sabbia della spiaggia a mezzogiorno brucia i piedi, mentre l’acqua del mare è nettamente più fresca. Nello stesso modo l’asfalto ed il cemento rendono le città più calde rispetto alle campagne circostanti. Come esempio, pensiamo ad una zona sabbiosa circondata da un prato: lo strato d’aria a contatto con la sabbia si riscalda grazie anche al calore trasmesso dal terreno; si forma così una bolla d’aria con caratteristiche differenti rispetto all’aria circostante: è più calda, meno densa e più leggera; quindi inizia a risalire verso l’alto. Il diametro di una bolla appena formata è di qualche decina di metri. Al suolo viene richiamata aria dalle zone circostanti, più fresche, che a sua volta si riscalda e segue il cammino della precedente. Si forma così una colonna d’aria che si rimescola poco con l’aria intorno e risale con velocità che possono toccare i 12-15 chilometri orari; si tratta di una corrente ascensionale, chiamata in gergo tecnico “termica”.
Questa prima bolla d’aria prosegue a risalire, sino a quando la sua temperatura è maggiore rispetto a quella dell’aria circostante. Così, l’aria della bolla rimane più calda e leggera rispetto a quella intorno. La temperatura dell’atmosfera, normalmente diminuisce con la quota. Quindi la temperatura intorno alla bolla diminuisce, via via che essa sale, e questo ne favorisce l’ascensione. Però salendo nell’atmosfera, la pressione alla quale è sottoposta diminuisce e la colonna si espande, raggiungendo anche un diametro di 500 metri. Questa espansione provoca il raffreddamento della bolla, e quindi la spinta verso l’alto tende a diminuire. Se la bolla si raffredda (per espansione) più velocemente dell'aria intorno (per aumento di quota), in poco tempo cesserà di salire. Se invece la bolla si raffredda, ma meno velocemente rispetto all’intorno, allora continua a risalire. A questo punto bisogna considerare un altro fattore: il vapore acqueo contenuto nell'aria che sale.
Nell'aria è sempre presente una certa quantità di vapore acqueo: la percentuale di vapore acqueo è maggiore se l’aria è umida, minore se l’aria è secca. C'è però un limite alla quantità di vapore che l'aria può contenere: se questo valore viene superato, si innesca la condensazione, cioè il vapore comincia a trasformarsi in goccioline di acqua liquida; si dice che l'aria è satura di vapore. La quantità massima di vapore che una massa una massa d'aria può contenere dipende dalla temperatura dell’aria: più è calda, più vapore può contenere prima di saturarsi. Ci sono due modi, quindi, per saturare una massa d'aria: o si aggiunge altro vapore, raggiungendo il valore limite per quella temperatura, oppure si raffredda la massa d’aria sino alla temperatura massima possibile. A questo punto, la bolla in ascesa conterrà una certa quantità di vapore; inizialmente è calda quindi non satura, ma diminuendo la temperatura con la risalita, la bolla si avvicina alla saturazione; se la salita dura abbastanza, il raffreddamento porta l’aria a saturarsi. A questo punto, il vapore inizia a condensare, formando piccole goccioline di acqua e dando origine ad una nube. Essa indica la sommità visibile della “termica”, che invece è invisibile agli occhi perché formata da vapore acqueo. Una nube, formata in questo modo si chiama cumulo; andando avanti con la giornata, il progressivo riscaldamento del suolo genera molti cumuli di questo tipo.
Come si forma un temporale?
Non tutte le giornate calde però sono buone per formare un temporale. Una condizione importante è la formazione di bolle in una giornata di aria instabile, ovvero con nette differenze di temperatura alle diverse altitudini (almeno di un grado ogni 100 metri); questo favorisce un aumento della differenza di temperatura fra la bolla e l’aria circostante, e -quindi- la formazione di moti ascensionali e lo sviluppo di un temporale. Viceversa, in condizioni di aria stabile (differenze di mezzo grado ogni 100 metri) la bolla presto raggiungerà la temperatura dell’aria esterna, dissolvendosi in un cumulo presto evanescente. In una giornata instabile, con una termica molto umida, il calore della condensazione della nube favorisce ulteriormente la spinta della nube, capace di raggiungere i 12.000 metri di quota e trasformandosi presto in un cumulonembo, alimentato al suo centro da una forte corrente ascensionale di aria umida e calda. Per questo motivo, i temporali più forti arrivano in estate in areale montano ed all’inizio dell’autunno; l’aria calda contiene molto vapore che, condensando, spinge la nube verso l’alto.
Una volta risalite, le goccioline di umidità genereranno un temporale solo se il loro peso è maggiore della resistenza opposta delle correnti ascensionali che salgono sotto di esse. Per cadere, devono avere almeno il diametro di un millimetro; se sono troppo piccole, possono unirsi scontrandosi fra loro in un particolare fenomeno noto come “coalescenza” che porta alla formazione di gocce di pioggia in circa mezz’ora dall’inizio della condensazione. La stessa cosa accade agli aghi di ghiaccio che formano la parte più alta della nube (a 30-40 gradi sottozero); si formano fiocchi di neve più pesanti che scendono al suolo trasformandosi in gocce d’acqua. La pioggia che cade durante un temporale è quindi formata in parte da goccioline ghiacciate e fuse. Se non riescono a fondersi, perché cadono troppo rapidamente o perché fa freddo anche al suolo, si osserva il fenomeno della grandine.
Come arriva un temporale?
Una volta completamente formato, il cumulonembo si presenta come una gigantesca nube verticale, che arriva ad un altezza sino a 15.000 metri, dal diametro di qualche chilometro; al suo interno la corrente ascendente di aria umida soffia verso l’alto a velocità comprese fra i 40 ed i 100 chilometri orari. Alla sommità si presenta con una classica forma di cavolfiore, con contorni netti quando formata da gocce di acqua liquida; non appena comincia a congelare, i bordi appaiono più sfilacciati. Un segnale tipico è quando la sommità della nube si schiaccia, assumendo la forma di un incudine. La durata media di una nube di questo tipo è di circa un’ora, se però se ne formano diverse, il maltempo dura più a lungo, sino all’esaurimento dell’ultima nube. Quando iniziano le precipitazioni, è il segnale che la nube inizia a dissolversi. Fra i fenomeni si osservano precipitazioni, colpi di vento e fulminazioni. Le gocce di acqua cadono al suolo ai lati della corrente ascensionale, raffreddando l’aria attraverso la quale precipitano; questo genera correnti discendenti fredde ai lati del cumulonembo. L’aria fredda si sostituisce così a quella calda che alimentava la termica, permettendo così la caduta al suolo anche delle goccioline di acqua più piccole e il successivo esaurirsi della fase temporalesca. In estate, all’esaurimento, dopo una breve fase di refrigerio si ripristinano le condizioni umide e calde preesistenti, da clima estivo, mentre dopo un temporale da fronte freddo perturbato, solitamente si instaurano condizioni più fresche e con poca umidità.
Dove, come e quando colpisce?
Risulta già complesso prevedere i temporali da “fronte freddo”; comprendere se e dove si svilupperà un isolato temporale di calore è impresa ancora più ardua. Si possono però tenere presenti alcune considerazioni utili. Per la formazione delle termiche, le condizioni ideali sono la calma o brezza di vento; mentre l’afa è indice di umidità ed aria calda, carburanti perfetti per potenziare i cumulonembi. Se il primo cumulo formatosi risulta più largo che alto, presto si dissolverà in quanto vi sono condizioni di aria stabile; se invece le nubi sono più sviluppate in verticale, l’aria sarà più instabile e si potranno formare cumulonembi e temporali. Un cumulo anche piccolo ma molto allungato verso l’alto può essere quindi più pericoloso di una grande nuvola allargata. Parlando di tempistiche, come detto, è difficile prevedere se e come si svilupperà un temporale, se non una volta osservati i cumulonembi. Quando queste nubi iniziano a perdere compattezza ed ad allargarsi in orizzontale, passando dalla forma di cavolfiore a quella di incudine, le precipitazioni potrebbero arrivare nell’arco di 10-15 minuti. Non appena cessa il vento al suolo (il segnale del passaggio da correnti ascendenti a discendenti), le precipitazioni sono imminenti; pioggia o grandine saranno accompagnati da raffiche ventose contrarie rispetto al precedente. Queste sono le responsabili delle fasi di forte vento che spesso spezzano o piegano gli alberi in maniera violenta ed improvvisa. A livello di “durata”, se i cumulonembi iniziano a svilupparsi già in prima mattinata, con precipitazioni, la temperatura dell’aria non salirà nel pomeriggio e i temporali generalmente risultano meno forti. Se il temporale si avvicina velocemente, sospinto da moderati venti in quota sarà invece più forte e di durata più lunga, poiché il vento, inclinando in avanti la sommità della nuvola, favorisce la discesa delle correnti fredde e cariche di precipitazioni più distanti dal centro della nube, impedendo così il blocco del flusso di aria calda ascendente che la sostiene ed allungando la fase di spinta precipitativa.
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