Fra le quattro specie di porcini incluse nel genere Boletus, nella sezione conosciuta come sezione Edules, si trovano entità di dimensioni medio-grandi, caratterizzate dal portamento boletoide, con gambo carnoso, panciuto e spesso clavato, cappello massiccio inizialmente convesso poi appianato; imenoforo formato da tubuli e pori sempre di colore biancastro negli esemplari più giovani, che maturando assumono tonalità da giallo-ocracee a verde-brunastre.
La carne di queste specie si presenta sempre di colore biancastro, immutabile al taglio; ha sapore dolce ed odore gradevole. Nel mondo sono note circa una quindicina di specie ascrivibili a questo raggruppamento, anche se non molto si conosce ancora sulla loro presenza in diverse regioni dei paesi dell’Asia centrale ed orientale. In Italia ed in Europa sono presenti quattro specie, ampiamente commercializzate e conosciute come Boletus sez.Edules: Boletus edulis, Boletus aereus, Boletus reticulatus e Boletus pinophilus, includendo le possibili forme ecologiche o cromatiche delle singole entità. In Europa ed in Italia la specie più diffusa è sicuramente il porcino “classico”, il Boletus edulis; addirittura, in certi Paesi del resto d’Europa è stato considerato un fungo infestante, almeno fin quando negli anni novanta è cresciuto a dismisura il commercio globale di questa specie. Tuttavia, ancora attualmente in diversi paesi europei, in particolare al Nord, non risulta essere una specie molto popolare; al Boletus edulis viene preferito il Cantharellus cibarius, mentre spostandosi ad est, oltre alla ricerca “commerciale” dei “porcini”, vi sono anche diverse tradizioni a carattere folkloristico e gastronomico, in particolare in Romania, Polonia, Bulgaria, Ungheria e Lituania.
Esemplari di Boletus edulis, in bosco di pino silvestre sulle Alpi. Foto © Nicolò Oppicelli
Nella nostra Penisola il Boletus edulis lo troviamo lungo tutto lo Stivale: in molte zone è decisamente il porcino più frequente, a partire dalle peccete e dalle abetaie alpine, anche se in autunno, nei castagneti e nelle faggete dell’arco appenninico, si può assistere a numerose fruttificazioni che a volte si protraggono -almeno negli ambienti più caldi- fino a novembre inoltrato. Meno diffuso ma rappresentato nei boschi di macchia mediterranea, viene anche segnalato in boschi misti di corbezzolo ed arbusti mediterranei, ove si sviluppa sino alle soglie della stagione invernale, e persino oltre i 2.400 metri di quota, in areali di microselva alpina con presenza di cespugli di uva-ursina e ginepri. Si tratta dunque di una specie pressoché cosmopolita, ma è altrettanto vero che non risulta sempre facile incontrarla nel sottobosco. Il motivo è semplice: in Italia lo cercano in molti! La Passione della ricerca, raccolta e conservazione dei porcini nella nostra Penisola è una tradizione tramandata da centinaia di anni; il territorio variegato, la variabilità climatica e la conoscenza in campo gastronomico ha permesso una continua crescita della ricerca di questi funghi. Un vero e proprio “amore italiano”.
Questa specie, Boletus edulis, come già accennato stringe il suo rapporto di simbiosi sia con le conifere sia con le latifoglie, ma ha un vero e proprio debole per l’abete rosso, abete bianco, il castagno ed il faggio, senza dimenticare il tiglio in ambienti cittadini. Visto che può crescere in ambienti molto diversi, si possono trovare forme ecologiche del Boletus edulis, cioè funghi con tratti che talvolta sembrano distinguersi dalla specie “tipo”, ma che presentano il medesimo DNA.
Boletus edulis, alcuni scatti nei suoi ambienti di crescita. Foto © Nicolò Oppicelli
Come è fatto
Entrando nei dettagli per riconoscerlo, il Boletus edulis può anche sfiorare i 40 centimetri di diametro del cappello, anche se la media va dagli 8 ai 20 centimetri. All’inizio si presenta globoso, con il margine aderente al gambo. Poi si distende fino a diventare del tutto piano a maturità, raramente incavato al centro. Di solito la superficie è liscia, ma è anche facile trovarne con la cuticola raggrinzita e un tantino bitorzoluta, mai vellutata, anzi piuttosto vischiosa. Il colore è molto variabile, dal bianchiccio al crema, dal nocciola fino al castano più o meno deciso. Il bordo del cappello è spesso e a volte più chiaro che al centro. Talvolta compare una strettissima linea bianca sull’orlo. L’imenoforo è formato da tubuli molto lunghi e terminano con pori piuttosto stretti; dapprima sono bianchi, poi gialli e a maturità diventano verdi. La carne è spessa, soda all’inizio, poi via via sempre più tenera negli esemplari maturi. L’aroma è gradevole e aumenta d’intensità quando lo essicchiamo. Il sapore richiama un ipotetico gusto tra la nocciola e la noce. Non cambia colore né al taglio né alla pressione, è completamente bianca, seppure non proprio candida, a eccezione della parte immediatamente a ridosso della pellicina che ricopre il cappello dove c’è un alone vinoso spesso anche un paio di centimetri, soprattutto negli esemplari più vecchi. Il gambo, negli esemplari giovani è panciuto ma presto diventa slanciato, con un ispessimento a forma di bulbo alla base. È di un bel colore bianco gesso anche se con il tempo può diventare nocciola ed è ricoperto da un reticolo abbastanza esteso che occupa, mediamente, circa i 2/3 della lunghezza totale. Anch’esso è bianco, soprattutto nei funghi piccoli, ma piano piano scurisce fino a diventare bruniccio. In tutti i casi, è un tantino più scuro del colore di fondo. Fra le forme ecologiche e cromatiche più conosciute, il Boletus edulis fo. albus (noto un tempo come Boletus personii) è un normale Boletus edulis tutto bianco, cioè privo delle pigmentazioni classiche, vuoi perché la temperatura si è abbassata all’improvviso, vuoi perché è nato sotto il fogliame, vuoi per altri fattori ecologici; piuttosto curioso, ritrovato nei castagneti e nelle faggete (raramente sotto conifere) ove vengono bruciati rami e sterpi è invece il Boletus edulis fo.citrinus (noto un tempo come Boletus venturii e Boletus citrinus), presenta il cappello di un bel colore giallo limone. Ricordiamo che in alcuni testi piuttosto datati, tali varietà sono ancora indicate come specie a se stanti, ma in realtà gli studi di natura molecolare ne hanno svelato la totale appartenenza alla specie Boletus edulis. Questa specie venne descritta per la prima volta nel lontano 1782, dal botanico francese Pierre Bulliard, e porta ancora il nome originale; il nome del genere deriva dal termine latino bōlētus, che significa "fungo", e derivante a sua volta dal greco antico βωλίτης, "fungo terrestre”. L’epiteto specifico edulis è derivante dal latino e significa commestibile, edule; in riferimento al suo valore gastronomico. Fra i nomi comuni più diffusi, troviamo l’italiano “porcino”, spesso utilizzato anche sui mercati internazionali per il commercio. In Inghilterra è noto con il nome di “penny bun” per la sua forma arrotondata del cappello, che ricorda una moneta; in tedesco è noto come fungo di pietra o steinpilz, in riferimento alla compattezza delle sue carni; medesima origine ha anche il nome popolare in norvegese steinsopp. Gli austriaci lo chiamano volgarmente herrenpilz, fungo “nobile”, mentre in Francia è conosciuto come cèpe, derivante dal latino cippus in riferimento al suo gambo carnoso (in diversi dialetti italiani veniva chiamato ceppatello). Curioso (e complesso) il nome utilizzato in Olanda per questa specie, eekhoorntjesbrood, che significa tradotto alla lettera “pane dello scoiattolo”; questo perché in molte aree verdi dei Paesi Bassi è facile imbattersi in nascite di Boletus edulis anche nei parchi cittadini, ove non mancano roditori buongustai. Belyj grib (Белый гриб in cirillico) è invece il nome popolare in Russia e nelle regioni confinanti: significa fungo bianco, in riferimento alla superficie dei pori in giovane età ed alla carne immutabile, e viene utilizzato per distinguerlo dalle altre specie di Boletaceae a pori colorati o dalla carne virante. In Spagna è noto come hongo pambazo o seta de calabaza; il pambazo è una sorta di pane integrale il cui colore ricorda quello del cappello del Boletus edulis, mentre “calabaza” significa zucca e si riferisce al suo aspetto “massiccio”. In portoghese è noto come míscaro, tortulho o più “italianamente” come cogumelo porcino. In nord Europa, curiosamente in regioni ove questa specie non è particolarmente ricercata, assume nomi “nobili”: in Svezia è infatti conosciuto come Karljohanssvamp, tradotto letteralmente il “fungo di Re Carlo Giovanni”; riferimento a Carlo XIV Giovanni di Svezia, che divenne monarca di Norvegia e Svezia nel 1818 ed era ghiotto di porcini, che amava ricercare nelle foreste prossime al Rosersbergs slott, il palazzo reale di Stoccolma; in danese, oltre al classico Spiselig Rørhat (boleto commestibile), è conosciuto popolarmente anche come Karl Johan svamp. Ed ancora, in Finlandia è conosciuto come “herkkutatti”, derivante da herkullinen (delizioso) e tatti (boleto).
I nomi dialettali del Boletus edulis
Alcuni nomi dialettali utilizzati nella nostra Penisola per indicare questa specie, tratti dal Dizionario dei nomi dialettali e volgari dei funghi in Italia e nel Canton Ticino di Ulderico Bonazzi del Gruppo Micologico R.Franchi di Reggio Emilia (volume ordinabile scrivendo una e-mail ad Ulderico Bonazzi - gr.micnat@libero.it). Copín, Copett, Cupín: nomi dialettali del Canton Ticino; Royalle, Bolet royal (Valle d’Aosta); Funz capelet, Bolè porchin, Castagneul, Funscapelèt, Bolè porcin, Bolè purchìn (Piemonte) Anvriœl (Alessandria); Stagn (Novara); Bolé carej (Asti) Boulé de freid (Langhe, Nizza Monferrato, AT); Bolè d’otonn, Bulè d’autegn (Cuneo); Funs bianch: (Galliate NO); Dörèl, Dürel, Léger, Nona, Ferré, Ferraresi, Fonz ferràr, Fonz ferrèr, Fréer, Legorsella, Légorzéla, Bianchin, Biancon, Ferré levrìn, Fonz ferré (Lombardia) Stagnol, Ambrusì, Carbunér, Neerzi (Bergamo) Ligorsèla, Legorzella (Brescia) Ferér, Frere (Valcamonica, BS); Albrizi (Adro BS); Fler, Zia (Valtrompia (BS); Bolèc frer (Zone, BS); Lègor (Paitone, BS); Funs ad rura: Vigevano (PV); Brisa, Brisa bianca, Brisa mus-ciaròla: (Trentino); Porcino bianco, Steinpilz: (Alto Adige); Biancon, Fre, Carpanoti, Fonghe bavache (Veneto); Castagner (Belluno) Servaelo, Sirou, Bolè porcin (Liguria) Fungo negro, Funzo gnæo, Funzo de castagne (Genova); Servu (La Spezia); Funzi de servi, funzi de fo (Savona); Blisgòn, Bolèt, Seva (Parma); Cuplìna dal freddo (Lizzano Belvedere, BO); Anguilano (Monte Fumaiolo); Cappatello, Grezza, Porcino bianco, Moccicone (Toscana) Virnin, Vernin: Stipaiolo, Fungo cenerino, porcino di palina (Arezzo) Bianchi, Gelone, Gelatina (Garfagnana, LU) Ceccapello, Ceppatello (Pisa, Livorno); Manetola, Taccola, Ammunita, Sivire, Sillo, Sille ‘e Castello (Campania) Sillu ‘e fagu (Calabria); Moneta, Monaciello (Basilicata); Funciu siddu, Pinnito, Testa di fagu, Testa di fau, porcino biondu (Sicilia).
Tardivo ma frequente
Il Boletus edulis spunta in piena estate, tendenzialmente un po’ più tardi rispetto agli altri porcini. È raro ritrovarsi fra le mani qualche esemplare di questa specie fra le mani prima di fine giugno; questo avviene solo in particolari microclimi e tendenzialmente quando spunta precoce risulta sempre associato ad alberi di conifere. Per dirla tutta, anche nel corso del settimo mese dell’anno cresce sporadicamente e in modo piuttosto imprevedibile solo nei boschi di abete rosso e in quelli di faggio. Perché spunti è decisivo l’intervento dei temporali estivi, in particolare quelli che di continuo prendono di mira la stessa zona. Scoperto questo “segreto”, basta attendere una quindicina di giorni -anche meno se siamo in montagna- e se il vento non l’ha fatta da padrone non sarà un problema incontrare nel sottobosco qualche splendido esemplare di Boletus edulis. Dalla metà di luglio in avanti si ci può avventurare anche al limite delle propaggini boschive, soprattutto di abete rosso, anche a ridosso dei 2.000 metri... Ed addirittura oltre, talvolta in piena montagna sino a 2.500 metri di quota, in associazione all’uva ursina, Arctostaphylos uva-ursi. Tutto ciò è ancora più valido se la temperatura è alta. A queste quote, la ricerca del Boletus edulis diventa un’emozione unica. Un buon sistema per avere successo è concentrarsi sulle zone dove ci sono anche tanti massi. Le pietre, infatti, trattengono il calore del sole ed è evidente che alle alte quote, dove fa sempre piuttosto freddo, un angolino caldo favorisce la nascita dei funghi. Magari sono Boletus edulis che nascono in maniera strana e diventano contorti o addirittura deformati perché si sono sviluppati a contatto con i sassi che ne hanno deviato la normale evoluzione. Rimanendo un po’ più in basso, invece, in piena foresta alpina di peccio, ci sono ottime possibilità di incontrarlo durante tutto il mese di agosto, di settembre ed anche di ottobre. In caso di clima secco non c’è niente di meglio che lanciarsi alla ricerca di ambienti umidi, dove ci sia muschio, se non addirittura con rigagnoli che portano la giusta umidità al terreno. Osserviamo per bene anche le immediate vicinanze dei tronchi caduti, delle radici affioranti e sempre tra i massi: in posti del genere il nostro porcino non si avvantaggia del calore, come più in alto, ma dell’umidità trattenuta grazie al riparo che questi ostacoli offrono in caso di vento. Sempre osservando per bene in bosco in salita, perché solitamente questo fungo ama fruttificare a valle di questi ostacoli, per cui è evidente che lo vedremo quasi soltanto se stiamo risalendo il bosco. Un altro importante consiglio è quello di osservare le distese di mirtillo nero e, in caso di siccità, gli angoli con muschio vicino agli stagni: il Boletus edulis risulta comune anche nei boschi di latifoglie lungo tutta la dorsale appenninica. I boschi da tenere presenti per una passeggiata sono i castagneti e le faggete, dove da agosto ad ottobre è solitamente il periodo della loro comparsa. Passati questi periodi, a mano a mano che la stagione avanza, la faggeta risponde sempre di meno -ammesso di non concentrare le nostre uscite nelle regioni più calde-. Altra storia si riscontra invece nel castagneto che, pur regalando il massimo della fruttificazione in base alle precipitazioni ed alle temperature fra settembre ed ottobre, può nascondere, in Appennino, gli ultimi Boletus edulis sino al principio del mese di Dicembre, solitamente seminascosti sotto al fogliame caduto.
Un porcino adatto a tutti gli usi
In una classifica “gastronomica fra i quattro porcini, in cucina il Boletus edulis è sicuramente il più versatile in cucina. Secco non è il migliore per profumi e colori; sott’olio non è bello come il Boletus pinophilus ma in entrambi i casi rappresenta il giusto equilibrio tra consistenza e profumi. Il suo gusto delicato gli permette di accostarsi senza problemi a tanti altri ingredienti, molti di più di quelli che si sposano con porcini dai sapori e aromi più forti, come in Boletus reticulatus. Ed ha un grande vantaggio: pur essendo migliore se cucinato appena raccolto, regge benissimo le ore di attesa, non assumendo particolari retrogusti. In ogni caso, è sempre meglio, come per tutti i funghi, conservarlo in un luogo fresco che non sia il frigorifero: tutti i porcini soffrono l’ambiente chiuso del frigo, assumendo un gusto quasi metallico. Solitamente il Boletus edulis è verminato quando, non piovendo a sufficienza, impiega più tempo a svilupparsi. Qualche volta non è invaso dai parassiti a partire dal piede ma la bacatura è nella parte centrale e, proprio per questo, è difficile sentirla al tatto. Non è un problema se dovremo usare i porcini per seccarli o cucinarli freschi, perché comunque li taglieremo e potremo eliminare le parti bacate. Qualche rischio c'è, invece, se dobbiamo metterli interi sott’olio. Quindi, se gli esemplari medi e grandi della nostra raccolta sono in buona parte attaccati
dai parassiti, allora vale la pena tagliare a metà per il lungo anche quelli giovani e che abbiamo destinato al sott’olio. Chi ha l’essiccatore, a preparare il Boletus edulis non ha problemi; chi non l’ha deve ingegnarsi un po’. Infatti, a parte le buttate precoci di luglio, quando il clima adatto all’edulis dura pochissimo, per cui alla raccolta possono seguire solo poche ore asciutte e ventilate, da agosto in poi i momenti migliori corrispondono a giornate con clima umido e senza vento. In queste condizioni è davvero difficile ottenere un’essiccazione “artigianale” abbastanza rapida da consentire una sufficiente qualità del prodotto finito. Per una buona essiccazione naturale, tagliamo i porcini per il lungo a fette alte 3 o 4 millimetri e poniamoli su una griglia in una posizione dove c’è sole o, in mancanza, almeno dove possiamo creare un po’ di corrente d’aria. E il sott’olio? Per questo tipo di conservazione possiamo usare tutti i porcini perfettamente sani e l’unica condizione è che la polpa sia dura, cioè che non sia in alcun punto cedevole alla pressione. Bolliamo 6/8 d’acqua, 2/8 di aceto bianco, sale, pepe in grani, spicchi d’aglio, alloro, garofano e ginepro; dopo 10 minuti di bollitura, aggiungiamo il Boletus edulis lavati, tagliati a pezzi e asciugati; alziamo la fiamma finché non riprende l’ebollizione, poi abbassiamola e lasciamo sobbollire per 18 minuti. Prima di fine cottura, schiumiamo con attenzione. Scoliamo, e una volta asciutti, accomodiamoli in vasi a chiusura ermetica precedentemente riempiti per un quinto d’olio extravergine. Rabbocchiamo d’olio in modo che i funghi siano interamente immersi, chiudiamo e conserviamo al buio. Se vogliamo conservare in modo corretto il sapore, e profumo nel freezer, invece, è preferibile la precottura, preparata in padella con poco burro e sale, facendogli espellere l’acqua a fuoco vivace e, quando questa è evaporata per metà, togliendoli dal fuoco e fatti raffreddare e poi mettiamoli in freezer in un recipiente non d’alluminio.